Quanto costa cambiare l’intestazione di una casa?
18 Febbraio 2021
Quanto si paga per un atto di donazione della casa: le tasse e la parcella del notaio.
Immaginiamo che un padre voglia intestare la propria casa al figlio o che un marito, in attuazione di un accordo di divorzio, lasci all’ex moglie un immobile di sua proprietà affinché la donna vi viva o ne ricavi un reddito dall’affitto. In tutti questi casi, la regola vuole che a pagare le imposte sul passaggio di proprietà sia il beneficiario: è quest’ultimo – salvo patto contrario – a dover versare le imposte all’Erario e liquidare la parcella al notaio. Diventa quindi essenziale stabilire quanto costa cambiare l’intestazione di una casa anche ai fini della convenienza economica dell’operazione: c’è infatti chi spesso non ha i soldi per ottemperare alle spese vivi legate al trasferimento dell’immobile e a quelle di gestione annuale (si pensi all’Imu, all’imposta sui rifiuti, al condominio, ecc.).
Per stabilire quanto costa cambiare l’intestazione di una casa bisogna valutare una serie di circostanze, prima tra tutte se l’immobile viene adibito a prima casa o se sia in corso una separazione legale tra i coniugi. Di tanto ci occuperemo qui di seguito.
Chi paga le spese per cambiare l’intestazione di una casa?
Come abbiamo appena anticipato, le spese notarili e le imposte per il passaggio di proprietà sono a carico di chi beneficia del passaggio di proprietà ossia del nuovo intestatario del bene. Questo non esclude che il cedente possa impegnarsi spontaneamente a rimborsare i costi sostenuti dall’altro soggetto ma, a tal fine, sono sempre necessari il consenso delle parti e un accordo scritto.
In verità, il notaio ha azione diretta contro entrambi i contraenti limitatamente al proprio onorario: in buona sostanza, se a pagarlo non è il beneficiario, egli potrà agire contro il cedente.
Quanto costa il passaggio di proprietà della casa?
Il passaggio di proprietà di una casa si compone di due voci: la prima – la più corposa – è quella relativa alle imposte da versare allo Stato, la seconda attiene invece agli onorari del notaio. L’intera somma viene, in realtà, versata direttamente al notaio il quale si preoccupa poi, per conto dell’acquirente, di restituire all’Erario la componente fiscale, regolarizzando ogni rapporto tra lo Stato e il cliente. Dunque, dopo aver pagato il notaio, quest’ultimo non dovrà sostenere ulteriori spese.
Per sapere quanto costa il passaggio di proprietà di una casa è sufficiente chiedere un preventivo allo stesso notaio, fornendo i dati catastali dell’immobile e dichiarando se questo verrà utilizzato come prima casa (di tanto parleremo a breve). Ma un calcolo approssimativo – che tenga tuttavia conto della libertà dei notai di applicare tariffe diverse limitatamente al proprio onorario – può essere fatto anche in via preventiva.
Per semplicità, partiamo allora proprio dalla parcella del notaio. Per un atto di trasferimento dell’immobile a titolo di donazione – tale è il cambio di intestazione della casa – i prezzi medi variano tra 900 e 2.000 euro. A questi, come detto, bisognerà aggiungere le imposte di cui parleremo nel successivo paragrafo.
Si tenga conto che la scelta del notaio spetta sempre a chi si dovrà far carico del suo onorario e, quindi, al beneficiario del trasferimento; questi, pertanto, è libero di scegliere il professionista di maggiore fiducia o che applichi tariffe più basse.
Quante tasse si pagano per cambiare l’intestazione a una casa?
Veniamo ora al capitolo più delicato: la parte fiscale. Come anticipato, il trasferimento dell’intestazione di una casa integra un atto di donazione. Dunque, bisognerà versare le imposte di donazione, l’imposta di registro, l’imposta catastale e l’imposta ipotecaria. Vediamo a quanto ammontano.
Il conto finale dipende da due parametri:
il valore catastale dell’immobile;
l’intenzione del beneficiario di adibire l’immobile adibirà a prima casa. In questa ipotesi, infatti, lo sconto sarà notevole.
Ecco dunque quanto bisogna pagare di tasse per l’intestazione della casa.
Immobile adibito a prima casa
Affinché un’abitazione sia considerata «prima casa» e possa usufruire dei benefici fiscali è necessario che:
l’acquirente non sia proprietario di altre abitazioni presenti all’interno dello stesso Comune ove si trova l’immobile in questione. In caso contrario, queste vanno cedute (vendute o donate) prima del rogito;
l’acquirente non sia proprietario di un’altra abitazione, ovunque situata, già acquistata con il bonus prima casa. In caso contrario, questa andrà ceduta (venduta o donata) entro 1 anno dal nuovo rogito;
l’acquirente fissi la propria residenza nel nuovo immobile entro 18 mesi dal rogito e si impegni a non venderlo prima di 5 anni;
l’immobile non sia di lusso (categorie catastali A/1, A/8 o A/9).
A queste condizioni, l’acquirente verserà le imposte nella seguente misura:
imposta di registro 2% del valore catastale dell’immobile;
imposta ipotecaria e catastale: 50 euro ciascuna;
imposta sulle donazioni: nei passaggi tra coniugi o tra ascendenti e discendenti solo se il valore del bene supera 1milione nella misura del 4%; nei passaggi tra fratelli e sorelle, solo se il valore del bene supera 100mila euro nella misura del 6%. Leggi sul punto Donazione casa: quali tasse si pagano.
Immobile non adibito a prima casa
Se il beneficiario non intende adibire l’immobile a prima casa, è necessario versare:
l’imposta di registro al 9% del valore catastale;
l’imposta ipotecaria al 2% del valore dell’immobile;
l’imposta catastale all’1% del valore dell’immobile.
L’imposta sulle donazioni segue le stesse regole appena viste per la prima casa.
Accordi di separazione e intestazione della casa
L’ultima ipotesi da considerare è quella in cui l’intestazione della casa sia conseguenza di un accordo di separazione o di divorzio consensuale, intervenuto tra marito e moglie. Succede spesso, in genere, come condizione per la rinuncia all’assegno di mantenimento.
In questo caso, secondo la giurisprudenza, le cessioni immobiliari che avvengono tra gli ex non scontano l’imposta di bollo, di registro e ogni altra tassa e godono, quindi, di uno speciale regime fiscale. Regime che si applica indipendentemente dal fatto che la proprietà originaria del bene non sia comune, ma esclusiva di uno dei due coniugi.
Sulla base dell’articolo 19 della legge 87/1974 tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio e di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché i procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti a ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa. Per effetto, poi, delle sentenze della Corte Costituzionale n. 176 del 1992 e n. 154 del 1999, l’esenzione appena richiamata si estende a tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi.
L’agevolazione va, quindi, riconosciuta in riferimento ad atti e convenzioni posti in essere nell’intento di regolare, sotto il controllo del giudice, i rapporti patrimoniali tra i coniugi conseguenti allo scioglimento del matrimonio, o alla separazione personali compresi gli accordi che contengano il riconoscimento o attuino il trasferimento della proprietà di beni mobili e immobili all’uno o all’altro coniuge, o in favore dei figli.