Contratto manutenzione ascensore: il condominio paga per il recesso anticipato
Redazione18 gennaio 2022Edit this post
È legittima la clausola che prevede il pagamento di una somma di danaro per il recesso anticipato dal contratto. E non si tratta di clausola vessatoria . Lo ha stabilito il Tribunale di Bologna con la sentenza n. 946, pubblicata il 14 aprile 2021.
Una società di manutenzione di ascensori otteneva decreto ingiuntivo nei confronti di un condominio per il mancato pagamento di una somma di denaro a seguito del recesso anticipato dal contratto. Avverso tale decreto ingiuntivo il condominio si opponeva eccependo la vessatoria della clausola che prevedeva tale indennizzo in quanto ritenuta una penale rientrante nella casistica di cui all’art. 33 del Codice del consumo e che sarebbe stata a sua volta invalida per la mancanza di una doppia sottoscrizione così come previsto dagli artt. 1341 e 1342 c.c.
Il Giudice di Pace, accoglieva l’opposizione presentata dal condominio, ritenendo vessatoria tale clausola.
Di conseguenza, la società di manutenzione di ascensore proponeva appello innanzi al Tribunale di Bologna per i seguenti motivi:
– la clausola dell’art. 10.2 deve essere considerata separatamente dal resto dell’articolo 10; non è una penale ma una multa penitenziale prevista in conformità all’art. 1373 c.c. che, come tale, non rientra tra le ipotesi di clausole vessatorie di cui all’art. 33 D.L.vo 206/2005;
– anche volendo attribuire natura di penale, la clausola di cui all’art. 10.2 (e in generale, l’art. 10) non è da considerarsi vessatoria perché non altera l’equilibrio tra le parti e non è manifestamente eccessiva.
Viene quindi contestata la errata attribuzione, da parte del giudice di prime cure, della natura vessatoria alla clausola in esame: sia perché non di penale si tratta (dunque, clausola estranea ad ogni problema di vessatorietà); sia perché comunque la clausola non sarebbe vessatoria.
Da un’analisi complessiva del contratto, emerge che le parti avevano concluso un accordo di durata piuttosto significativa; cinque anni più cinque di rinnovo tacito, previsto ai sensi del punto 9 per una complessiva durata decennale.
Rispetto a tale vincolo temporale, il medesimo punto 9 stabiliva la possibilità di disdetta alla prima scadenza solo in favore del cliente; mentre il punto 10.2 attribuiva sempre al solo cliente la possibilità di recedere anticipatamente, previo pagamento di una indennità.
Tale indennità, tuttavia, era calcolata secondo lo stesso criterio di quantificazione previsto in caso di risoluzione per inadempimento al punto 10.1.
Da qui, si ritiene, nasca l’equivoco circa l’effettiva natura dell’indennità richiesta.
Il contratto è infatti redatto in modo da generare esso stesso l’equivoco, poiché inserisce nello stesso articolo (con la stessa quantificazione sia per la penale sia per il corrispettivo per il recesso) sia ipotesi di penale, sia appunto il corrispettivo per il recesso prevedendo un indennizzo parametrato al numero di mesi per i quali non vi sarebbe stata l’esecuzione del contratto.
Riconosciuta la natura di corrispettivo per il recesso alla indennità richiesta, deve escludersi che la clausola possa essere considerata una penale ovvero possa essere vessatoria.
Difatti, tale clausola, non è contenuta nell’elenco tassativo che il codice considera vessatorie e per le quali richiede il meccanismo della doppia sottoscrizione, pertanto, deve escludersi la vessatorietà della clausola ai sensi della disciplina di cui al codice civile.